3) Fase dei Centri eruttivi della Valle del Bove: circa 110 ka fa l’attività eruttiva si sposta dalla zona Val Calanna-Moscarello verso l’area adesso occupata dalla depressione della Valle del Bove (Fig. 6). In questo periodo avviene un importante cambiamento dell’attività eruttiva nella regione etnea. Infatti, da un’attività di tipo fissurale, come quella che ha caratterizzato le prime due fasi, si passerà gradualmente ad un’attività di tipo centrale caratterizzata sia da eruzioni effusive che esplosive. Questo tipo di attività porterà alla formazione dei primi centri eruttivi poligenici nella regione etnea, i vulcani Tarderia, Rocche e Trifoglietto (Sintema Croce Menza in Fig. 7a). Il ciclo di attività del vulcano Trifoglietto, che è il piu grande centro eruttivo di questa fase, che raggiungerà un’altezza massima di circa 2400 m, si concluse circa 99 ka fa con un’eruzione pliniana polifasica che generò un deposito piroclastico pomiceo, di flusso e di caduta. In seguito si formeranno quattro centri eruttivi minori che si sovrapporranno del tutto sui fianchi dei vulcani Rocche e Trifoglietto. Tali vulcani prendono il nome di Monte Cerasa, Giannicola, Salifizio e Cuvigghiuni la cui attività durerà fino a circa 65 ka fa (Sintema Zappini in Fig. 7b). Complessivamente in questa fase si formerà la struttura di tipo stratovulcano dell’edificio etneo con la sovrapposizione di diversi centri eruttivi la cui attività è alquanto coeva.
Fig. 6. Parete SO della Valle del Bove dove affiora la struttura interna dei vecchi centri eruttivi come ad esempio i “dicchi” che rappresentano l’antico sistema di alimentazione del vulcano.
Fig. 7. Ricostruzione morfologica dei centri eruttivi (vulcani) della fase Valle del Bove (da Branca et alii, 2011b): a) Croce Menza Sintema; b) Zappini Sintema. 1) Orlo della Valle del Bove; 2) bocca sommitale; 3) curve di livello (equidistanza 200 m). Simboli per i vulcani: CV= Cuvigghiuni; GG= Giannicola; MC= Monte Cerasa; SA= Salifizio; TD= Tarderia; TR= Trifoglietto; RC= Rocche.
4) Fase dello Strato-vulcano: questa fase inizia circa 57 ka fa quando si verifica un’ulteriore spostamento dell’attività eruttiva verso nord-ovest dopo la fine dell’attività dei centri della Valle del Bove. Tale spostamento porterà alla formazione del più grosso centro eruttivo che costituisce la struttura principale del Monte Etna: il vulcano Ellittico. Esso fu caratterizzato da un’intensa attività sia effusive che esplosiva che nel tempo ha costruito un imponente strato cono poligenico che raggiunse una quota massima di circa 3.600 m. Le colate laviche e i prodotti piroclastici del vulcano Ellittico sono affioranti lungo la parete nord della Valle del Bove. Le eruzioni laterali dell’Ellittico hanno prodotto la graduale espansione laterale dell’edificio vulcanico attraverso la messa in posto di colate laviche che hanno causato un radicale cambiamento dell’assetto del reticolo idrografico principalmente nel settore nord e nord-orientale (Branca et alii, 2003). In quest’area le colate laviche colmarono antiche paleovallate come quella del Fiume Alcantara generando numerosi fenomeni di sbarramento lavico del paleoalveo del Fiume Simeto. L’attività eruttiva dell’Ellittico termina circa 15 ka fa durante un’intensa fase esplosiva caratterizzata da una serie di eruzioni pliniane, che hanno causato la formazione di una caldera (Fig. 8) e di una serie di depositi piroclastici ampiamente distribuiti sui fianchi dell’Etna. L’intensa e continua attività effusiva degli ultimi 15 ka riempirà del tutto la caldera del vulcano Ellittico coprendo in gran parte i suoi versanti e formando il nuovo cono craterico sommitale. Tale attività effusiva, originata sia dalle bocche sommitali che da apparati eruttivi parassiti, porterà alla formazione dell’edificio vulcanico attuale denominato vulcano Mongibello. Circa 10 ka fa una porzione del versante orientale del vulcano Mongibello fu soggetta ad una serie di grosse frane che hanno portato alla formazione dell’ampia depressione della Valle del Bove (Calvari et alii, 2004). Questo imponente collasso del versante orientale del vulcano Mongibello ha messo in luce gran parte della struttura interna sia dei centri eruttivi della Valle del Bove che del vulcano Ellittico affiorante lungo le pareti interne della Valle del Bove (Fig. 6). Il prodotto di questo imponente collasso di fianco dell’edificio etneo è rappresentato dal deposito detritico denominato “debris flow” di Milo affiorante nell’omonima località. In seguito, la rimobilizzazione di tale deposito ad opera dei processi alluvionali porterà alla formazione del deposito di natura alluvionale, denominato Chiancone, che costituisce una vasta conoide alluvionale lungo la costa Ionica fra Pozzillo e Risposto.
Fig. 8. (a) Vista del versante nord dell'Etna dove è preservato l'orlo della caldera dell'Ellittico ad una quota di circa 2900 m presso Punta Lucia e Pizzi Deneri. Depositi piroclastici messi in posto durante le eruzioni pliniane di 15 ka fa del vulcano Ellittico; (b) deposito di caduta costituito da lapilli pomicei spesso circa 50 cm (evidenziato dalla linea a tratto bianca) che affiora presso Aci Catena e (c) deposito di flusso piroclastico nel basso versante sud-occidentale (Vallone S. Filippo) presso Biancavilla.
Complessivamente l’attività eruttiva del vulcano Mongibello porterà alla formazione di una successione vulcanica prevalentemente lavica costituita dalla sovrapposizione di campi lavici generati da fessure eruttive distribuite lungo i versanti dell’Etna secondo alcune direttrici preferenziali, note come il “rift” di NE, di S e di O (Azzaro et alii, 2012). Sebbene l’attività predominante del vulcano Mongibello è di tipo effusivo numerose eruzioni esplosive di notevole intensità, generate dalle bocche sommitali, hanno caratterizzato questa recente fase eruttiva. In particolare, l’eruzione esplosiva più intensa si è verificata in epoca storica nel 122 a.C. (Coltelli et alii, 1998). Durante quest’eruzione, che ha generato una caldera chiamata Il Piano, la ricaduta di una grande quantità di prodotti piroclastici, quali cenere e lapilli, ha coperto interamente il versante sud-orientale del vulcano causando notevoli danni all’antica città di Catania, che secondo numerose fonti latine e greche (Boschi & Guidoboni, 2001), fu esentata dal pagamento della tasse dal senato Romano per i successivi dieci anni in seguito ai danni provocati da tale evento. Durante l’attività eruttiva post 122 a.C., periodo in cui sull’Etna si incomincia a sviluppare il reticolo urbano, si sono verificate numerose eruzioni laterali a bassa quota (Fig. 9), in particolare sotto i 1000 m, avendo un notevole impatto sul territorio urbanizzato (Tanguy et alii, 2012). In particolare, durante il medioevo, fra il 1000 e il 1300 circa, sono avvenute sette eruzioni laterali che hanno interessato il basso versante orientale che oggi corrisponde alla porzione dell’Etna con la più alta urbanizzazione. Fra di esse l’eruzione di Monti Arsi di S. Maria, avvenuta intorno al 1160, insieme con l’eruzione del 1669 rappresentano gli eventi attesi a più alto rischio vulcanico in quanto le fessure eruttive sono localizzate rispettivamente ad una quota di 460-360 m e 800-750 m (M. Rossi) all’interno della fascia dei paesi dell’interland Catanese. In particolare, l’eruzione del 1669 costituisce l’evento eruttivo più distruttivo conosciuto di epoca storica durante il quale in quattro mesi furono eruttati circa 600 milioni di m3 di lava, formando un campo lavico esteso 40 km2 che raggiunse una lunghezza massima di 17 km (Branca et alii, 2013). Durante quest’eruzione i flussi lavici distrussero completamente nove paesi e solamente una piccola parte della porzione occidentale della città di Catania in quanto le possenti mura medievali della città, che durante l’evento furono puntellate e rinforzate, contennero in gran parte i flussi lavici che raggiunsero la costa accumulandosi contro le mura del castello Ursino. In particolare, la colata lavica distrusse solamente i tratti di mura compresi tra il bastione degli Infetti e quello di Tindaro e tra il bastione di San Giovanni e quello di San Giorgio, dove è localizzato il castello Ursino, causando la distruzione degli edifici di questi settori della città.
Fig. 9. Mappa schematica dei prodotti vulcanici dell'Etna (da Tanguy et alii, 2012) eruttati durante gli ultimi 2.400 anni. 1) colate laviche e coni di scorie post-1600 AD ; 2) colate laviche e coni di scorie 1300-1600; 3) colate laviche e coni di scorie 1000-1300; 4) colate laviche e coni di scorie 476-1000; 5) colate laviche e coni di scorie 122 BC-476 AD; 6) colate laviche e coni di scorie pre-122 BC. Le sigle corrispondono ai nomi della colate laviche riportate in Tanguy et alli (2012). I pallini bianchi indicano la copertura piroclastica recente della zona sommitale. Le linee blu corrispondono agli orli dei crateri sommitali. Crateri sommitali=SC; Valle del Bove=VdB.
Dopo la fine della grande eruzione del 1669 sull’Etna si è registrato un periodo di bassissima attività eruttiva fino al 1727 che fu caratterizzato solamente da tre eruzioni laterali (Branca & Del Carlo, 2005). Dalla fine del 1727 è stato osservare un aumento dell'attività eruttiva sommitale e dal 1763 anche un aumento del numero di eruzioni laterali. Inoltre, dal 1880 la frequenza di tutte le tipologie di attività esplosiva sommitale (stromboliana, fontane di lava e subpliniane) è aumentata esponenzialmente e dal 1971 si registra anche un aumento del numero delle eruzioni laterali. Infine, va evidenziato che durante il XX secolo, ed in particolare nell’autunno del 1928, si è verificato l’unico evento eruttivo, dopo quello altamente distruttivo del 1669, che ha causato la distruzione totale di un centro abitato, quello di Mascali e delle piccole frazioni di Pietrafucile e Costa Sovara. Tale eruzione, durata 18 giorni, ha generato una colata principale lunga 8 km il cui fronte più avanzato raggiunse la quota minima di 25 m nel basso versante nord-orientale del vulcano (Fig. 10). Infine, per quanto riguarda, in particolare la storia eruttiva del territorio catanese i recenti studi geologici (Branca et alii, 2011a; Tanguy et alii, 2012) hanno evidenziato che dalla fondazione della città di Catania, avvenuta intorno al 729 a.C., l’antica area urbana durante il periodo greco e romano non è mai stata raggiunta da colate laviche. In epoca romana, nel 122 a.C., è stata invece gravemente danneggiata dalla caduta di materiale piroclastico inseguito ad un evento di magnitudo pliniana verificatosi al cratere sommitale. Durante il XII secolo, intorno al 1160, la città medievale sarà minacciata da vicino per la prima volta da una colata lavica che raggiungerà la costa nei pressi dell’attuale piazza Europa e nel porticciolo di Ognina, mentre solamente nel 1669 sarà raggiunta e in minima parte distrutta dall’arrivo di una colata lavica.
Fig. 10. La distruzione di Mascali, 7 novembre 1928 mattina. La colata lavica raggiunge il centro del paese, che all’epoca contava circa 2000 abitanti, addossandosi al Duomo di San Leonardo (Fondo Fotografico Gaetano Ponte-Archivio Fotografico Toscano di Prato, immagine pubblicata in Bonaccorso & Branca, 2010).
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